Con un monopolio di fatto nel principale segmento Web, quello organico, Google controlla di fatto l'intera rete.

Un'egemonia conquistata passo dopo passo, grazie ad una intuizione geniale: proporre una semplice pagina bianca con una barra di ricerca, in un mondo popolato da portali grossi, pesanti e lenti.

Da allora, Google ha percorso passi da giganti, iniziando a fagocitare il web e accaparrandosi una bella porzione della sua capacità di generare valore, messa leggermente in crisi solo dall'avvento in grande stile dei social network e del Mobile.

Certo, tutti noi web qualcosa, dobbiamo essere grati a Google, che ha spinto milioni di utenti a utilizzare un motore di ricerca, riuscendo cosi a trovare i nostri siti; fornendoci un sistema di analytics molto efficace e anche un sistema per promuovere i nostri siti o generare guadagni più o meno corposi.

Oggi, purtroppo, tutto questo ci si sta rivoltando contro.
Google don't be Evil, si diceva una volta. Google is Evil si potrebbe tranquillamente dire oggi.

Quando Google manipola il mercato

Google controlla i nostri siti e qualche riga di codice può fare la differenza tra un sito di successo e un sito che sparisce nel nulla.
Una modifica sulle serp di Google e decine o centinaia di siti vengono annientati, a volte per mesi, a volte definitivamente.

Come nel caso di Kelkoo, property di Microsoft, sparito dalle ricerche qualche anno fa.

Kelkoo offriva lo stesso identico servizio fornito da Google Shopping (anzi, direi decisamente migliore), Amazon o Trovaprezzi.
Ma per ragioni oscure, Google ha deciso di eliminarlo, salvando dalla stessa sorte la concorrenza che invece è rimasta e ha prosperato.

Lo stesso servizio Google Shopping è patetico se confrontato con tutti gli altri comparatori di prezzo. Se proprio Google avesse avuto ragione di toglierne uno di mezzo, forse era meglio eliminare il proprio.

La battaglia di Google sul tema della qualità, si è dimostrata tutt'altro che reale.
Google si prefissa un certo obiettivo ma poi, per mezzo dei suoi algoritmi e delle sue scelte, restituisce un web di segno opposto.

Provate voi stessi a cercare un hotel a Roma 3 stelle oppure a Venezia, a Milano e Firenze.
Salvo Expedia e Tripadvisor, tutti gli altri portali sono spariti nel nulla. Tra questi top, possiamo citare Booking.com, Lastminute e Venere, costretti a rincorrere tramite la pubblicità su Adwords e Lastminute.
Addirittura, su Milano appare un sito che propone "milano marittima", ma mancano Booking, Venere, Lastminute.

Passando sulla ricerca più generica, esempio Hotel Milano, Hotel Roma, ecc i risultati si invertono. Sparisce nel nulla Expedia, e tornano, ma decisamente ben poco visibili, Booking e Venere.

Cosa è successo in queste SERP ?


Google ha deciso di mostrare solo 2-3 risultati relativi a portali o aggregatori, lasciando poi spazio ad altri siti. E con la stessa modalità, opera in tanti altri settori.

Qualunque sia la ragione, non possiamo non evidenziare che una scelta di Google, seppur motivata da carattere tecnico, stia avvantaggiando in maniera palese 2 player del settore e al tempo stesso annientando tutti gli altri, di fatto esclusi dalle ricerche.

Quando Google si prende tutto

Di male in peggio, le situazioni sempre più frequenti nelle quali Google decide di prendersi tutto il malloppo, provando a rispondere direttamente agli utenti con determinati risultati che, qualitativamente parlando, sono quasi sempre inferiori rispetto ai contenuti offerti da altri player.

Provate ora a cercare Meteo Milano. Google offre un risultato immediato, con un servizio di gran lunga inferiore per esempio a quanto garantito da Ilmeteo.it. Idem sui risultati sportivi, sulle quotazioni di borsa e tutti gli altri risultati di ricerca dove Google ha deciso di imporre il proprio contenuto, a danno degli altri.

Una cosa è certa: Google sta incorporando sempre maggior valore, a discapito del web che vede ormai Google come un potenziale concorrente piglia tutto, capace di far chiudere, da un giorno all'altro, interi settori del web.

Quando Google sbaglia e ti affossa

Mi sono occupato di recente, del caso Unilibro, un caso che ha dell'incredibile e dimostra quanto fragile possa essere oggi il web.

Il caso Unilibro è la palese evidenza che dovremmo tutti iniziare a farci qualche bella domanda e soprattutto pretendere maggiore trasparenza da Google.

Il caso è questo: un giorno, Google decide di accorpare il brand Unilibro a Ibs, ipotizzando che siano lo stesso elemento. Ogni volta che un utente cercava Unilibro, Google rispondeva IBS. Tradotto in termini pratici: Unilibro crolla vertiginosamente, cosi come il fatturato e ovviamente il numero di dipendenti, i primi a farne le spese. 
La questione arriverà a sentenza nei prossimi giorni. Dalla documentazione legale che ho potuto visionare, salvo miracoli, penso che Googe sarà quasi certamente condannata per il caso specifico.

Cosa manca oggi

Quello che servirebbe al web, oltre ad una bella dose di concorrenza fornita da Yahoo e Microsoft, che in questi anni hanno deciso di trastullarsi senza alzare un dito per migliorare i loro motori di ricerca, è un sistema di trasparenza che possa garantire il libero e pari accesso a tutti.

Definite delle regole, chiare, precise e oggettive, a parità di operato e risultato, tutti i siti dovrebbero aver diritto ad ottenere la stessa visibilità.

O quanto meno, conoscere le motivazioni che fanno si che un sito scompaia sormontato da altri siti di qualità inferiore se non addirittura dai cosiddetti scraper site.

Da tempo nel settore SEO si discute sulla necessità che Google fornisca un dato collegato ai principali algoritmi. Sarebbe necessario disporre nel pannello di Search Console, di un parametro simile al Pagerank, che possa darci indicazioni su quanto siamo compromessi per esempio in ottica di Penguin, Panda o altro ancora.

Un dato prezioso che permetterebbe ai siti web di svilupparsi in maniera corretta, migliorando cosi il proprio operato e potendo di tanto in tanto, finalmente, fare sogni tranquilli.

 

  1. Fabrizio Ventre

    Mi occupo di SEO e Lead Generation. Sono appassionato di tecnologia e innovazione e fondatore di alcune importanti testate hi-tech. Attualmente CoFounder e Seo Manager presso Omniaweb, Cofoudner Tag Padova, Hostplace.

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Commenti

  1. Avatar

    Ciao,
    si, direi che sostanzialmente i problemi sono 2:
    - l'assenza di competitor all'altezza;
    - il dare sempre più spazio ai risultati a pagamento (cosa questa che va contro agli stessi dictat di google sul creare siti di qualità, ecc. ecc.).
    rimane ancora per il momento un po' di margine di azione sulle ricerche "long tail"... ma fino a quando?..

    un saluto e buon lavoro!

    Rispondi
  2. Avatar

    Credo che l'articolo sia fondamentalmente giusto. ritengo anche io che microsoft, yahoo e gli altri motori non hanno mai fatto una buona concorrenza a google. ho seguito per un po' il progetto di volunia (ricordate il motore di ricerca "social" italiano?) e l'ho visto affondare perché gli utenti sono spinti a cercare su google.
    il problema è, come convinci gli utenti a cercare su altri motori?

    Rispondi
  3. Avatar

    Non puoi convincere milioni di utenti a cambiare per qualcosa che funziona peggio. quello che invece puoi fare, 㨠stabilire dei limiti oltre il quale una azienda non pu㲠spingersi.

    Rispondi

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